La cappella dell’ortaglia
Una delle due cappelle dell’ortaglia del monastero con il suo ciclo dipinto è giunta felicemente fino a noi. La cappella quadrata, con volta ottagonale, preceduta da un portico sorretto da colonne è ornata da un ciclo di affreschi quasi sconosciuto alla critica d’arte degli ultimi cinquant’anni. Sulla parete a sinistra (la parte non integra) era una perduta scena di paradiso terrestre e una decollazione del Battista di cui sono rimaste fotografie novecentesche. Assai migliore la situazione della parete destra in cui, presso l’altare è un Noli me tangere, l’episodio in cui il Cristo risorto si rivela in un giardino alla Maddalena. Dal punto di vista iconografico questo episodio segue la variante in cui Gesù posa le dita sulla fronte della donna, riconducibile alla venerazione della reliquia della testa di Maddalena, conservata in Provenza, a Saint-Maximin-la Sainte-Baume.
Più complessa da riconoscere è l’ultima scena affrescata, che raffigura un miracolo in cui una monaca domenicana, in un paesaggio di alberi e acqua, salva un bambino dalle fauci di una belva, in mezzo a un gruppo di persone che tentano vanamente di intervenire. Il soggetto rimane oscuro dal punto di vista iconografico. L’ignoto artista sembra ispirarsi alle raffigurazione di Santa Marta, spesso rappresentata nell’atto di sconfiggere un mostro acquatico che infestava i boschi di Tarascona, in Provenza, secondo una leggenda medievale. Santa Marta tuttavia non appare mai in vesti di monaca domenicana. Potremmo ipotizzare che il compito di raccontare un miracolo specifico compiuto da una monaca domenicana, forse addirittura da una Vergine del Vettabbia abbia spinto l’artista a riadattare un episodio più noto, ma al momento non risulta dai documenti del monastero alcun miracolo di questo genere. Lo stile di questi dipinti avvicina il ciclo al gusto di Aurelio Luini, attivo nella chiesa milanese di San Maurizio dal 1555.
Un discorso diverso merita invece il trittico d’altare con la Vergine col Bambino e San Giovannino affiancati da San Domenico e San Tommaso d’Aquino. La parte centrale nella robustezza del corpo di Maria, nei panneggi ridondanti, nella tenerezza della madre e nella vivacità dei due bambini, Gesù e Giovanni che giocherellano con l’agnello, si avvicina al “Maestro di Ercole e Girolamo Visconti”, autore ancora senza un nome di cui si conoscono opere collegabili alla nostra nel primo trentennio del Cinquecento.
Bibliografia
Brera mai vista. All’ombra di Leonardo. La pala di Sant’Andrea alla Pusterla e il suo maestro, Milano, 2003.
C. Battezzati, Milano, San Maurizio al Monastero Maggiore, in Bernardino Luini e i suoi figli. Itinerari, a cura di G. Agosti, J. Stoppa, R. Sacchi, Milano, 2014, pp 133-137.
Luigi Pellegrini Cislaghi, Il monastero delle Dame Vergini al Vettabia. Un monumento di Milano salvato, Milano, 2017